OUT! n. 15 - 02/07/2024
Occupazione a maggio | PNIEC, sogno o realtà? | Unicredit sfida la Bce sulla Russia| Il commercio internazionale italiano | Sanzioni mirate USA all'Iran
Occupazione a maggio
(#FD) I dati mensili provvisori sull’occupazione riferiti a maggio e pubblicati oggi dall’Istat ci confermano il quadro delineato nei mesi scorsi. Sono quasi 24 milioni gli occupati in Italia. 23 milioni e 954 mila per la precisione. Circa 17 mila occupati in meno rispetto al mese di aprile. Allargando la panoramica si conferma la buona performance messa in atto dal governo di Giorgia Meloni fin dal suo insediamento. 703 mila occupati in più rispetto al dato del 31 ottobre 2022; subito prima cioè che questo esecutivo si insediasse. Di questi 703 mila lavoratori in più, 323 mila sono uomini e 381 mila sono donne. Cresce quindi di più, molto di più, l’occupazione femminile considerato che le lavoratrici sono poco più del 40% del totale. Cosa infine possiamo dire in merito alla qualità dell’occupazione? L’incidenza dei lavoratori a tempo indeterminato sul totale degli stessi ci dice qualcosa in proposito per quanto riguarda il lavoro dipendente. L’85% degli stipendiati ha un contratto permanente. Meno di quanto erano nel 2004 al momento dell’inizio della pubblicazione di questi dati quando questa percentuale era pari all’89% del totale. Ma in aumento rispetto al 2019, prima dello scoppio della pandemia quando la percentuale era pari all’83%. Un altro indicatore che potrebbe essere osservato per giudicare la qualità del lavoro riguarda l’incidenza dei lavoratori autonomi sul totale. A maggio 2024 risultava pari al 21% contro il 28% del 2004 ed il 23% del 2019. Se consideriamo pure questo come un marker esplicativo della qualità del lavoro, partendo dal presupposto non sempre valido che spesso dietro una partita Iva si celi un quasi-dipendente, non si può affermare che si sia in presenza di un deterioramento. Anzi. Buone notizie anche sul fronte degli inattivi; vale a dire le persone in età da lavoro che però non sono occupate. 400 mila in meno rispetto ai 12,7 milioni di ottobre. 2 milioni in meno rispetto al primo dato della serie storica fermo al gennaio 2004 quando gli inattivi erano 14,3 milioni contro i 12,3 di oggi.
PNIEC, sogno o realtà?
(#SG) Il Governo ha presentato a Bruxelles il Piano nazionale energia e clima (PNIEC), che dovrebbe rappresentare la guida fondamentale per lo sviluppo del settore energetico italiano nei prossimi 25 anni.
Un documento di 491 pagine, criticatissimo dalle associazioni ambientaliste per due motivi: 1) l’inserimento del nucleare come obiettivo (7.600 MW al 2050); 2) gli obiettivi “deboli” sulle rinnovabili. Altre critiche riguardano l’iter seguito per la redazione del piano, che non avrebbero coinvolto adeguatamente la società civile.
Però, i punti deboli del piano non sono questi. Il nucleare può piacere o meno, ma non è l’argomento principale del piano, che invece punta alla riduzione delle emissioni cambiando sostanzialmente il panorama energetico. Ad esempio, al 2030 dovremmo arrivare a 79.253 MW di potenza fotovoltaica (oggi ne abbiamo 30.000 o poco più). Dove mettiamo i 50.000 MW che mancano, tenuto conto dell’irraggiamento, del territorio e dei vincoli di rete? Tutti in Sicilia? Che impatti ci sono sulle reti, visto che il consumo maggiore è al nord? Boh. Sarebbe bello che un contributo alla discussione arrivasse su questo.
Altro punto, l’auto elettrica. È abbastanza difficile pensare che l’obiettivo indicato nel PNIEC sia rispettato: al 2030 dovrebbero esserci 4,3 milioni di auto elettriche “pure” (non ibride plug-in né ibride), cosa che influisce sull’obiettivo di emissioni nei trasporti al 2030. Vorrebbe dire immatricolare in 7 anni, in media, poco meno di 600.000 auto elettriche all’anno, 2024 compreso. Ma nel 2023 le immatricolazioni di questo tipo di veicolo sono state 66.300. Come si pensa di colmare questo enorme gap? Boh.
Vi sono poi obiettivi di riduzione complessiva dei consumi energetici:
In ossequio alla direttiva sull’efficienza energetica (Direttiva (EU) 2023/1791) si pone un obiettivo di riduzione complessiva del consumo energetico. Un obiettivo che evidentemente non sarà raggiunto e che peraltro ha poco senso, anche perché vi sono alcune frasi sul “cambiamento dei comportamenti” nell’uso dell’energia che sanno di vecchio dirigismo.
Insomma, è chiaro che il nucleare non piace a tutti, ma gli aspetti deboli e critici del PNIEC sono altri e di questi bisognerebbe discutere. Per fare polemica sul nucleare è sempre stagione.
Unicredit sfida la Bce sulla Russia
(#GL) Tra Unicredit e la Bce siamo finiti alle carte bollate. Un esito prevedibile ma comunque clamoroso. Sono passati mesi da quando dall’Eurotower hanno cominciato a chiedere, nell’ambito dei loro poteri di supervisione, alla banca italiana di ridurre e dismettere l’attività bancaria in Russia.
Ma, da un lato, è difficile abbandonare un business che nel 2023 ha generato 890 milioni di utili (8% di quelli totali del gruppo, contro i 210 del 2021, con oltre 3000 dipendenti e 50 filiali) e, dall’altro, non ci sono compratori. Inoltre, il governo russo ha riconosciuto a quelle attività bancarie un carattere sistemico e minaccia di arrestare i manager e comunque espropriare tutto.
L’amministratore delegato Andrea Orcel è spalle al muro da mesi, con l’orologio dell’ultimatum della Bce scorre veloce. E la scelta è tra suicidarsi (disobbedendo alla Bce) o farsi uccidere (disobbedendo a Putin).
Da qui la mossa disperata di fare ricorso al Tribunale della UE (il primo grado di giudizio) per accertare la legalità dell’ordine emesso da Francoforte. Si tratta di una sfida di non poco conto.
Perché il nocciolo della questione è un sostanziale “eccesso di potere” della Bce nel chiedere a Unicredit di abbandonare la Russia.
Rientra nei poteri della Bce? È la domanda che sostanzialmente i legali di piazza Gae Aulenti hanno rivolto al Tribunale, a cui hanno chiesto pure di sospendere l’ordine della Bce, nelle more della decisione nel merito che potrebbe richiedere mesi.
Come spesso accade, quest’aspetto è stato messo in secondo piano, presentando la vicenda in forma edulcorata come “Unicredit chiede chiarimenti all’UE per gestire l’uscita dalla Russia” (Sole 24 Ore). Anche perché la stessa Unicredit ha voluto indorare la pillola.
Ma, come correttamente titolato da Reuters e Financial Times, si tratta di una vera e propria sfida ai poteri della Bce che, nel suo delirio ultraregolatorio, oltre a combattere il cambiamento climatico ora si è messa pure a fare politica. Altro che “richiesta di chiarimenti”, questa è una sfida all’ultimo sangue che Orcel non vuole perdere e non vuole far perdere ai propri azionisti.
Il commercio internazionale italiano
(#FD) Stiamo seguendo con particolare attenzione qui ad Out! l’evoluzione della situazione francese. Abbiamo evidenziato ciò di cui quasi nessuno in Italia parla. Il vero problema della Francia non è tanto il crescente debito pubblico quanto soprattutto il debito estero privato connesso a saldi di bilancia commerciale costantemente negativi. La Francia cioè importa più di quanto esporta ininterrottamente dal 2004. E con saldi negativi costantemente in aumento. Solo gli Stati Uniti, per intendersi, possono permettersi il lusso di una bilancia commerciale costantemente in rosso essendo anche le importazioni regolate in dollari di cui Washington ha il monopolio nell’emissione. Fatta questa premessa, viene logico chiedersi come sta l’Italia in materia di commercio con l’estero. Nel 2023 ha chiuso con un surplus di quasi 35 miliardi rispetto all’annus horribilis del 2022 pesantemente condizionato dall’esplosione dei prezzi delle materie prime connesse soprattutto allo scoppio della guerra in Ucraina; quando anche l’Italia ha chiuso con un deficit commerciale di -34 miliardi. Oggi la bilancia commerciale torna a marciare. L’Italia esporta più di quanto importa. Come al solito. Nei primi 4 mesi del 2024 il surplus commerciale è stato di circa 22,4 miliardi. Quasi tre volte il saldo del primo quadrimestre del 2023 quando il surplus si è attestato a 7,4 miliardi. Ma la cosa più interessante sta nel capire come matura questo avanzo commerciale in merito alle aree di scambio. Ebbene l’Italia realizza con l’Ue un deficit commerciale di circa 2,3 miliardi nei primi quattro mesi di quest’anno che sommati al surplus di 24,7 miliardi coi paesi extra Ue porta appunto il saldo complessivo a circa 22,4 miliardi. Il mercato, per i nostri esportatori, è cioè il mondo fuori dell’Unione Europea. Se questo fosse il nostro unico orizzonte geografico saremmo in deficit commerciale come la Francia. Non tanto quanto lei, ma come lei. Con tutti i problemi di stabilità macroeconomica che questo comporta. Fuori dell’Ue, per intendersi, c’è fatturato. Dentro l’Ue invece c’è la Germania da cui importiamo molto.
Sanzioni mirate all’Iran
(#SG) Qualche giorno fa l’Office of Foreign Assets Control del dipartimento del tesoro americano ha sanzionato una cinquantina di soggetti che farebbero parte, secondo il governo americano, di una rete di shadow banking utilizzato dal governo iraniano per muovere denaro con cui comprare e vendere armi. Ora tutti i beni e gli interessi dei soggetti sanzionati che si trovano negli Stati Uniti o in possesso o sotto il controllo di persone statunitensi sono bloccati e devono essere segnalati all'OFAC.
In pratica, attraverso una estesa ed intricata rete di società e di agenti di cambio, il Ministero della Difesa e della Logistica delle Forze Armate (MODAFL) iraniano ripulisce i ricavi dalla vendita di petrolio e li utilizza per comprare armi per sé o per gruppi affiliati, come gli Houti in Yemen o Hezbollah.
Il veicolo per la vendita del petrolio è la società Sahara Thunder, oltre alla Sepehr Energy Jahan Nama Pars Company (Sepehr Energy). Non è il primo intervento diretto degli USA nelle reti di finanziamento internazionale attivate dall’Iran, anzi tali interventi stanno aumentando. Del resto, nel mese di giugno gli attacchi Houthi al traffico marittimo sono ripresi e la tensione in Medio Oriente è sempre altissima. Dietro le quinte l’intelligence americana sta lavorando intensamente per smantellare le reti ombra di finanziamento iraniane.
Gli autori
Fabio Dragoni
Bocconiano. Un passato da manager e piccolo imprenditore. Si è occupato per anni di sanità dopo aver lavorato qualche lustro nel mondo delle banche locali. Dal febbraio 2014 non si dà pace. Lotta e scrive di moneta e libertà. Oggi firma de La Verità, Il Timone e CulturaIdentità. Polemico come molti suoi conterranei. Perché come dice Stanis La Rochelle: “i toscani hanno devastato questo Paese”.
Sergio Giraldo
Classe 1969, laurea in Scienze Politiche a Milano. Attivo da trent’anni nel settore dell'energia, dove ha ricoperto ruoli dirigenziali in diverse aziende, è analista indipendente dei mercati commodity, delle politiche europee e del commercio internazionale. Collaboratore assiduo del quotidiano La Verità. Socio di a/simmetrie.
Giuseppe Liturri
Nato a Bari nel 1966. Laurea in Economia Aziendale all'Università Bocconi e trentennale esperienza in finanza e gestione d'impresa. Dal 2018 impegnato in un'intensa attività di divulgazione e commento su temi di economia nazionale e internazionale, con particolare attenzione all'Eurozona. Scrive su La Verità e su Startmag.it
Ottimo riassunto dei temi principali. Un servizio super!