Commissione: chi fa che cosa
(#SG) Dopo il tumultuoso addio di Breton alla Commissione, come per incanto i nodi si sono sciolti e stamane a Strasburgo è stata presentata la nuova Commissione europea. Al di là dei nomi, saltano all’occhio le molteplici sovrapposizioni su uno dei temi più delicati, ovvero l’energia. Le deleghe sembrano spartite (o sovrapposte?) almeno tra sei commissari.
Citando il comunicato di Ursula von der Leyen abbiamo infatti:
Teresa Ribera, Vicepresidente esecutivo di una transizione pulita, giusta e competitiva. Sarà inoltre responsabile della politica sulla concorrenza.
Stéphane Séjourné Vicepresidente esecutivo per la Prosperità e la Strategia industriale. Sarà inoltre responsabile del portafoglio Industria, PMI e Mercato unico.
Maroš Šefčovič, Commissario per il commercio e la sicurezza economica.
Wopke Hoekstra sarà il Commissario per il clima, Net Zero e Clean Growth. Continuerà a lavorare sull'implementazione e l'adattamento, sulla diplomazia climatica e sulla decarbonizzazione. E sarà anche responsabile della tassazione.
Jessika Roswall sarà Commissaria per l'ambiente, la resilienza idrica e un'economia circolare competitiva.
Dan Jørgensen sarà il Commissario per l'energia e l'edilizia abitativa. Il suo lavoro contribuirà ad abbassare i prezzi dell'energia, investire in energia pulita e garantire che riduciamo le nostre dipendenze
La socialista spagnola Ribera ha la delega più pesante, sarà la zarina dell’energia per i prossimi cinque anni. Séjourné non può restare fuori dalle questioni energetiche, poiché Von der Leyen punta a creare una industria “clean tech” legata all’energia e lo sviluppo dell’industria dipende anche dai costi dell’energia. Davvero non si riesce a considerare l’energia per quello che è, a Bruxelles, cioè una industria. Con caratteristiche particolari, certo, ma un’industria.
Il Commissario per il commercio e la sicurezza economica dovrà occuparsi delle materie prime critiche per l’energia e della dipendenza dall’estero nelle catene di fornitura. Il Commissario per il clima, Net Zero e Clean Growth a questo punto non si capisce bene cosa debba fare, dato lo strapotere di Ribera e Šefčovič sui dossier importanti. Sintomatico il fatto che ad esso sia attribuita anche la delega sulla tassazione, un bell’autogol comunicativo. La Commissaria all’ambiente avrà certo molto da fare per evitare di pestare i piedi a tutti gli altri commissari, mentre quello che dovrebbe occuparsi di energia, ovvero il commissario all’energia, è in fondo alla catena e avrà più che altro il compito di portare avanti i programmi di efficienza energetica degli immobili, uno dei dossier più inutili e allo stesso tempo più costosi per i cittadini.
Se quest’inverno dovesse verificarsi un’emergenza sul gas, chi dovrebbe fare che cosa? Ai posteri l’ardua sentenza.
P.S.: davvero era necessario assegnare la concorrenza allo stesso commissario che ha già un enorme potere e una enorme mole di lavoro da fare, cioè a Ribera? Che c’entra il Green Deal con le pratiche di concentrazione e abuso di posizione dominante, ad esempio? A meno che si tratti di far passare una valanga di aiuti di Stato per finanziare la transizione, nel qual caso tutto si spiega.
La Lagarde ci “regala” un euro forte
(#GL) Non hanno tardato a manifestarsi i nefasti effetti della posizione ondivaga assunta da Christine Lagarde giovedì scorso a proposito dei tempi e della misura della riduzione dei tassi nell’eurozona.
Nessun impegno preventivo, nessuna indicazione di alcun tipo. Quel “Sarà quel che sarà” pronunciato dalla Lagarde in conferenza stampa, passerà alla storia come la frase della vergogna per qualsiasi banchiere centrale degno di questo nome.
Contemporaneamente, sull’altra sponda dell’Atlantico, aumentano le probabilità che domani il Presidente della Fed Jerome Powell decida un taglio dei tassi di 50 punti base. Una decisione che potrebbe servire ad affermare la capacità (se non il dovere) della banca centrale di non guidare osservando lo specchietto retrovisore ma tenendo di vista la strada che si ha davanti. Anzi, cercando pure di determinare le condizioni di percorrenza.
Il risultato di tale divaricazione nelle prospettive delle due banche centrali è leggibile con precisione nell’andamento del cambio euro/dollaro da giovedì ad oggi. E non è uno spettacolo certo esaltante per le sorti dell’export dell’eurozona, unica gamba su cui si regge anche l’economia italiana.
Dopo aver puntato a tornare intorno a 1,10, da giovedì è ripartita la corsa verso 1,11, livello superato in scioltezza questa mattina. Un repentino apprezzamento del 1% circa, non proprio usuale per le due valute.
Con la prospettiva, se le voci di un consistente taglio dei tassi USA dovessero confermarsi anche domani, di un ulteriore apprezzamento, dovuto al restringersi della forbice con il tasso dell’Eurozona.
Cose che capitano, quando la Bce è priva di direzione – anzi manifesta intenti di muoversi nella direzione sbagliata – e, a parole, afferma di non dipendere dalle decisioni prese oltreoceano ma, nei fatti, è letteralmente terrorizzata da un deprezzamento dell’euro, come conseguenza di un taglio dei tassi deciso a Francoforte.
Nel frattempo in Germania, l’epicentro del sisma che sta scuotendo l’economia europeo, non passa giorno senza che sia pubblicato un indicatore a certificare la crisi strutturale di Berlino.
Oggi è stata la volta dell’indice IFO per i lavoratori autonomi: aspettative, clima degli affari e valutazione della situazione attuale, tutti decisamente con la freccia verso il basso, peggio pure delle attese. Mancano gli ordini e le vendite languono, e non basta un timido raggio di sole nel comparto turistico per cambiare la tendenza.
Il problema è che non possiamo assistere inerti allo spettacolo masticando pop corn, perché i tedeschi tireranno giù pure noi.
Gli autori
Fabio Dragoni
Bocconiano. Un passato da manager e piccolo imprenditore. Si è occupato per anni di sanità dopo aver lavorato qualche lustro nel mondo delle banche locali. Dal febbraio 2014 non si dà pace. Lotta e scrive di moneta e libertà. Oggi firma de La Verità, Il Timone e CulturaIdentità. Polemico come molti suoi conterranei. Perché come dice Stanis La Rochelle: “i toscani hanno devastato questo Paese”.
Sergio Giraldo
Classe 1969, laurea in Scienze Politiche a Milano. Attivo da trent’anni nel settore dell'energia, dove ha ricoperto ruoli dirigenziali in diverse aziende, è analista indipendente dei mercati delle commodity, delle politiche europee e del commercio internazionale. Collaboratore assiduo del quotidiano La Verità. Socio di a/simmetrie.
Giuseppe Liturri
Nato a Bari nel 1966. Laurea in Economia Aziendale all'Università Bocconi e trentennale esperienza in finanza e gestione d'impresa. Dal 2018 impegnato in un'intensa attività di divulgazione e commento su temi di economia nazionale e internazionale, con particolare attenzione all'Eurozona. Scrive su La Verità e su Startmag.it
La solita accozzaglia d'incompetenti che l'unica cosa di positivo che potrà portare è l'accelerazione dello sfascio dell'europa grazie alla loro scadente leadership.
Purtroppo ciò avverra con gravi traumi sociali, ma non v'è alterrnativa considerando l'attuale livello della classe dirigente.
Abbbiamo la Von Der Cosa, che con le sanzioni voleva spezzare le reni ad un paese ricco di risorse naturali come la Russia, e che invece è riuscita a spezzare la schiena del suo paese d'origine.
Abbiamo peli di pecora, che da buon avvocato capisce di curve della domanda e dell'offerta quanto un letterato di equazioni differenziali, che avendo alzato i tassi d'interesse quando l'inflazione è dovuta ad una contrazione dell'offerta e non ad un'espansione della domanda, sta riuscendo a ridurre l'inflazione instaurando un punto di equilibrio economico caratterizzato da forte contrazione dei consumi, ossia ci sta riducendo in povertà.
Sì, non c'è che dire, siamo messi proprii bene, ci aspettano tempi fulgidi con sti tizi