OUT! n. 42 - 24/09/2024
Anche la Cina taglia i tassi, ma i problemi restano | L'Europa in recessione e la Bce dorme
Anche la Cina taglia i tassi, ma i problemi restano
(#SG) La Banca centrale cinese (PBOC) ha tagliato i tassi di interesse a breve termine a 7 giorni di 20 bps (da 1,70% a 1,50%) e quello a 14 giorni di 10 bps (da 1,95% a 1,85%). Ha inoltre inoltre ridotto dello 0,5% il coefficiente di riserva obbligatoria per le banche. Per il settore immobiliare sono stati ridotti di 50bps i tassi di interesse sui mutui esistenti, in media, ed è diminuito dal 25% al 15% l’acconto minimo per l’acquisto di una casa. Inoltre, il governatore della PBOC Pan Gongsheng ha dichiarato che è in arrivo un ulteriore allentamento, con un'altra riduzione del coefficiente di riserva obbligatoria per le banche prima della fine dell'anno (compreso tra lo 0,25% e lo 0,50%).
Il governatore della PBOC ha poi annunciato un’offerta di 500 miliardi di yuan in prestiti, equivalenti a circa 65 miliardi di euro, a fondi, broker e assicuratori per acquistare azioni cinesi. Altri 300 miliardi di yuan saranno resi disponibili per finanziare i riacquisti di azioni da parte di società quotate.
La decisione ha portato a rialzi in borsa: l'indice CSI 300, che segue l'andamento dei prezzi delle due principali borse di Shanghai e Shenzhen, è aumentato del 4,3%. Si tratta del maggiore rialzo giornaliero dal luglio 2020 (un’altra era geologica, decisamente). Rialzi delle borse anche in Occidente sono legati alla mossa della PBOC.
C’è però poco da festeggiare. Da tre anni circa in Cina una grave crisi immobiliare mette sotto pressione i consumi privati, il che si traduce in una sostanziale deflazione. I prezzi delle case sono scesi del 5,7% su base annua ad agosto, il calo più ripido degli ultimi nove anni. Il tasso di inflazione lo scorso mese è stato solo dello 0,6% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso.
Le vendite al dettaglio sono aumentate solo del 2,1% anno su anno ad agosto, in rallentamento rispetto all'aumento del 2,7% mese precedente. La produzione industriale è aumentata del 4,5%, in calo rispetto al 5,1% di luglio, mentre gli investimenti sono rallentati al 3,4% per l'anno fino ad agosto, dal 3,6% nei primi sette mesi. Il paradosso della Cina dunque è che cresce, a ritmi che in Europa ci si sogna, ma sta rallentando e questo segnale viene visto con preoccupazione.
Nonostante l’abbassamento dei tassi, insomma, non è detto che ci sia tutta questa voglia di indebitarsi per consumare o per investire. Resta il fatto che senza un forte sostegno alla domanda interna la Cina continuerà a rallentare. Se poi dovesse fermarsi, sarebbero guai seri anche per l’Europa, nelle condizioni in cui si trova.
L’Europa in recessione e la Bce dorme
(#GL) Gli indici anticipatori S&P PMI dell’attività economica per il mese di settembre, relativi a Germania, Francia e all’intera Eurozona, precipitano tutti in territorio ampiamente negativo.
È questa la sintesi dei report pubblicati ieri, alla luce dei quali risulta ancor più incomprensibile e, soprattutto, ingiustificata la prudenza della Bce nell’essere più aggressiva nella riduzione dei tassi.
Il buco nero è in Germania. L’indice composito scende a 47,2 (48,4 agosto), il minimo da 7 mesi. L’indice del settore servizi peggiora ancora ma galleggia intorno alla soglia di equilibrio tra recessione e espansione (50,6 da 51,2 di agosto. L’indice del settore manifatturiero peggiora ancora nella corsa verso il basso (40,3 da 42,4 di agosto).
Numeri che sono compatibili con una frenata del PIL nel terzo trimestre che, dopo il -0,1% del secondo, pongono la Germania in recessione tecnica.
Non si salva nulla: ordini, occupazione (con i licenziamenti in aumento a un tasso che non si vedeva da 15 anni, pandemia esclusa), prezzi la cui pressione rialzista si è ormai esaurita. Risulta evidente il peso negativo del settore automotive.
Se non ci fosse la tenuta del settore dei servizi, sarebbe davvero crisi conclamata. Come se non bastasse, oggi anche l’indice IFO ha confermato il trend discendente (quarto mese consecutivo) nel clima degli affari e nelle aspettative.
Se Berlino piange, Parigi non ride. Infatti, l’indice composito scende a 47,4 (53,1 ad agosto), quello dei servizi si attesta a 48,3 (55,0 ad agosto) e quello manifatturiero tiene a 44,0 (43,9 agosto). Tutti gli indici ai minimi degli ultimi 6-8 mesi. Oltralpe si è rapidamente affievolito l’effetto espansivo dei giochi olimpici sul settore dei servizi, un fuoco di paglia durato un solo mese.
Oggi la realtà parla di domanda in calo, soprattutto dall’estero, e portafoglio ordini in assottigliamento e la previsione del PIL per il terzo trimestre è quella di una stagnazione, nel migliore dei casi. Di conseguenza, l’occupazione si è contratta.
Se le due maggiori economie dell’eurozona viaggiano a questa velocità, non deve sorprendere l’andamento degli indici a livello complessivo. L’indice composito scende a 48,9 (51,0 agosto) e manifesta il calo più elevato degli ultimi 15 mesi, quello dei servizi a 50,5 (52,9 agosto) e quello manifatturiero a 44,8 (45,8 agosto). Si tratta dei valori peggiori degli ultimi 7-8 mesi.
Si riducono i nuovi ordini, cala la fiducia, si riduce la consistenza del portafoglio ordini e di conseguenza si riducono gli organici. L’effetto finale sul livello dei prezzi (sia degli input che degli output) è quello di un sensibile raffreddamento di qualsiasi tensione rialzista.
I mercati hanno reagito con una diminuzione dei tassi nella parte breve della curva fino a 2 anni, quella più sensibile alle decisioni della Bce. Ma le probabilità di un nuovo taglio il prossimo 17 ottobre sono ancora modeste.
In futuro i manuali di economia potrebbero portare ad esempio le (non) scelte della Bce di questi mesi, per mostrare come si danneggia l’economia nel nome di un’ottusa ideologia.
Gli autori
Fabio Dragoni
Bocconiano. Un passato da manager e piccolo imprenditore. Si è occupato per anni di sanità dopo aver lavorato qualche lustro nel mondo delle banche locali. Dal febbraio 2014 non si dà pace. Lotta e scrive di moneta e libertà. Oggi firma de La Verità, Il Timone e CulturaIdentità. Polemico come molti suoi conterranei. Perché come dice Stanis La Rochelle: “i toscani hanno devastato questo Paese”.
Sergio Giraldo
Classe 1969, laurea in Scienze Politiche a Milano. Attivo da trent’anni nel settore dell'energia, dove ha ricoperto ruoli dirigenziali in diverse aziende, è analista indipendente dei mercati delle commodity, delle politiche europee e del commercio internazionale. Collaboratore assiduo del quotidiano La Verità. Socio di a/simmetrie.
Giuseppe Liturri
Nato a Bari nel 1966. Laurea in Economia Aziendale all'Università Bocconi e trentennale esperienza in finanza e gestione d'impresa. Dal 2018 impegnato in un'intensa attività di divulgazione e commento su temi di economia nazionale e internazionale, con particolare attenzione all'Eurozona. Scrive su La Verità e su Startmag.it