OUT! n. 43 - 25/09/2024
Laburisti, rivolta contro Starmer | Perché Unicredit vuole l'aiuto dell'Italia?
Laburisti, rivolta contro Starmer
(#SG) Con un discorso ai delegati del partito laburista a Liverpool, il premier britannico Keir Starmer prima annuncia lacrime e sangue (nuove tasse e tagli di spesa: “è tempo di alzare il bavero e affrontare la tempesta"), poi invoca lo slogan “riprendiamoci il controllo”, reso popolare durante la Brexit. Il riferimento è alla necessità di un maggiore intervento dello Stato.
“Se vuoi un paese con più controllo, se vuoi che le grandi forze che influenzano la tua comunità siano gestite meglio, che si tratti di migrazione, cambiamento climatico, legge e ordine o sicurezza sul lavoro, allora c'è bisogno di un governo più deciso, e questo è un governo laburista”, ha detto.
Starmer ha annunciato un inverno di sacrifici, con nuove tasse e tagli consistenti alla spesa pubblica. Il primo atto concreto sarà la cancellazione dell’indennità universale per il combustibile (Winter Fuel Allowance), che vale fino a 300 sterline per 10 milioni di pensionati.
Peccato che oggi i delegati laburisti (con l’arrabbiata sindacalista Sharon Graham in testa) abbiano approvato a maggioranza una mozione a favore dell'annullamento di questi tagli all'indennità per il combustibile invernale, tra fischi, urla e insulti. Il voto non è vincolante (il che significa che il governo procederà comunque), ma certo è imbarazzante per il leader laburista e Primo Ministro agire contro il volere del partito di cui è a capo. Peraltro, in una intervista di oggi Starmer ha difeso la spesa di 11,7 miliardi di sterline in aiuti climatici all'estero, mentre contemporaneamente taglia i sussidi per il riscaldamento invernale per 10 milioni di pensionati.
Starmer nel suo discorso di ieri ha detto di essere pronto ad essere impopolare: "Il costo per riempire quel buco nero nelle nostre finanze pubbliche, quello sarà equamente condiviso”. Un buco di circa 22 miliardi di sterline nel bilancio pubblico, in effetti, che nella manovra per il 2025 dovrà essere sanato.
Starmer ha già creato una compagnia energetica nazionale, la Great British Energy, che avrà il compito di sviluppare l’energia verde per conto dello Stato, ed ha avviato un piano per rinazionalizzare le ferrovie.
Intanto il ministro delle finanze inglese, il cancelliere Rachel Reeves ha annunciato che saranno riviste le regole sul debito pubblico, da cui saranno scorporate le spese per investimenti. Una mossa teorizzata e sostenuta dal Tony Blair Institute, che in passato ha anche suggerito a Starmer di adottare la carta d’identità digitale come strumento di controllo dei clandestini.
Ieri c’è stato spazio anche per una gaffe: nel suo discorso alla conferenza del Partito Laburista Starmer ha chiesto la restituzione delle “salsicce” da Gaza. Un lapsus (“sausages” al posto di “hostages”), subito corretto, che ha scatenato ilarità sui giornali conservatori.
Perché Unicredit vuole l’aiuto dell’Italia?
(#GL) La vicenda Unicredit-Commerzbank è stata maliziosamente posta sul piano di un (inesistente) scontro Italia-Germania, come qui abbiamo spiegato nei dettagli.
Invece si tratta di una questione che deve essere lasciata al libero mercato e al confronto, nell’ambito del legittimo e consentito, tra gli azionisti della “preda” Commerzbank e quelli del “predatore” Unicredit. E non bisogna farsi trascinare sul piano di analisi sbagliato solo perché la Germania è il primo azionista di Commerzbank e deve agire anche e soprattutto in questo ruolo.
A questo proposito ha fatto non bene, ma benissimo, il Presidente Giorgia Meloni a chiamarsi fuori con un lapidario “la vicenda Commerzbank non riguarda il governo”. Infatti il governo italiano non è socio di Unicredit, il cui primo azionista è il colosso Usa BlackRock.
Ove mai ci fosse bisogno di una conferma del fatto che il clima “Italia-Germania 4-3” fosse montato ad arte per portare a bordo della causa Unicredit anche il governo italiano, tale conferma è oggi arrivata puntualmente leggendo Federico Fubini sul Corriere della Sera.
È partito dal nanismo delle aziende bancarie europee rispetto alle altre economie più sviluppate del pianeta, ed ha palesemente “tirato per la giacchetta” il governo che, a suo dire, dovrebbe armarsi e partire per non perdere l’occasione di favorire la creazione di un gruppo bancario molto grande. Salvo dimenticare che Unicredit, anche con Commerzbank in pancia, resta anni luce distante dai grandi gruppi USA.
Ha bollato come “arrocco tedesco di sistema” la legittima azione di un azionista di riferimento che subisce una scalata e, per non farsi mancare nulla, ha incredibilmente invitato l’Italia a chiedere “che si lasci funzionare l’Unione bancaria nell’area euro”. Ma cosa c’entra? Nulla. Tranne per reintrodurre il tema della mancata ratifica del Mes da parte dell’Italia come completamento della suddetta Unione.
Ora, premesso che non ha senso richiedere alcun ruolo dell’Italia in questa vicenda, ma qual è la relazione tra il funzionamento/completamento dell’Unione Bancaria e la contesa Unicredit/Commerzbank? Nessuna.
L’Unione è fatta di tre pilastri: vigilanza unica, meccanismo di risoluzione unico e garanzia comune sui depositi (EDIS). Quest’ultimo non esiste ma è in cantiere dal novembre 2015 e là sembra destinato a rimanere a lungo per la posizione rigida della Germania. L’Unione bancaria deve essere completata ma per motivi che non c’entrano nulla con la vicenda Commerzbank.
Le regole che ci sono bastano e avanzano per consentire a Unicredit di conquistare la maggioranza di Commerzbank e se il governo tedesco vorrà resistere non ha altra possibilità che trovare un cavaliere bianco, altrimenti soccomberà all’avanzata di Unicredit.
Tutta questa retorica “europeista” lascia francamente perplessi e sconcertati per una banca che capitalizza 18 miliardi (66 miliardi Unicredit), non piccola ma nemmeno un gigante. Invece Fubini, richiamando alcuni interventi sulla stampa tedesca favorevoli all’operazione, fa appello alla “vocazione europea di questa Germania” che “va aiutata, anche dall’Italia”.
Ma questa chiamata di soccorso è fuori luogo. Forse, per convincere il governo tedesco a fare un’operazione che arricchirà gli azionisti di Unicredit (cioè BlackRock) si ha bisogno del governo italiano, che interverrebbe però pro bono?
Se Andrea Orcel ha le carte in regola – lo deciderà la Bce, non il governo tedesco – e abbastanza soldi da mettere sul piatto proceda e non blandisca il governo di Roma che non è suo azionista ed ha altri problemi per la testa.
Gli autori
Fabio Dragoni
Bocconiano. Un passato da manager e piccolo imprenditore. Si è occupato per anni di sanità dopo aver lavorato qualche lustro nel mondo delle banche locali. Dal febbraio 2014 non si dà pace. Lotta e scrive di moneta e libertà. Oggi firma de La Verità, Il Timone e CulturaIdentità. Polemico come molti suoi conterranei. Perché come dice Stanis La Rochelle: “i toscani hanno devastato questo Paese”.
Sergio Giraldo
Classe 1969, laurea in Scienze Politiche a Milano. Attivo da trent’anni nel settore dell'energia, dove ha ricoperto ruoli dirigenziali in diverse aziende, è analista indipendente dei mercati delle commodity, delle politiche europee e del commercio internazionale. Collaboratore assiduo del quotidiano La Verità. Socio di a/simmetrie.
Giuseppe Liturri
Nato a Bari nel 1966. Laurea in Economia Aziendale all'Università Bocconi e trentennale esperienza in finanza e gestione d'impresa. Dal 2018 impegnato in un'intensa attività di divulgazione e commento su temi di economia nazionale e internazionale, con particolare attenzione all'Eurozona. Scrive su La Verità e su Startmag.it