OUT! n. 45 - 30/09/2024
Auto europea, la deriva Nokia | Lagarde sempre in ritardo sui tassi
Auto europea, la deriva Nokia
(#SG) Dopo l’allarme sugli utili lanciato questa mattina da Stellantis, oggi il titolo in borsa, rispetto alla chiusura di venerdì, ha perso il 14,72% chiudendo a 12,408 €.
Problemi in Nord America, scorte eccessive, difficoltà complessive del settore auto: il marchio vende meno del previsto e i conti ne risentono. La società prevede ora un margine di utile operativo rettificato (AOI) compreso tra il 5,5% e il 7% per l’intero periodo 2024, in calo rispetto a una previsione “a due cifre”.
“Il deterioramento del contesto industriale globale riflette una previsione di mercato per il 2024 più bassa rispetto all’inizio del periodo, mentre le dinamiche competitive si sono intensificate a causa dell’aumento dell’offerta del settore e della maggiore concorrenza cinese.
Il management ha comunicato anche un conseguente abbassamento delle previsioni di flusso di cassa a un intervallo compreso tra meno 5 e meno 10 miliardi di euro, da una precedente stima “positiva”.
La casa franco-olandese, dunque, si accoda ai marchi tedeschi che in queste settimane hanno annunciato i loro guai, da Volkswagen a BMW passando per Mercedes.
L’automobile europea è lanciata ad alta velocità contro il muro della crisi, tra ridotto potere di acquisto dei consumatori, prezzi in salita, tragici errori e concorrenza asiatica (non solo cinese): un mix insostenibile per chiunque, figuriamoci per i colossi dai piedi d’argilla europei. La deriva Nokia è ormai conclamata: in pochi anni l’automobile non sarà più una questione europea ma asiatica e, al limite, statunitense. A meno di rapide e fattive resipiscenze, naturalmente, di cui però al momento non vi è traccia.
Lagarde sempre in ritardo sui tassi
(#GL) Sterzare in ritardo provoca sempre effetti disastrosi. Ne sa qualcosa il comandante del Titanic, che offrì il fianco all’iceberg che affondò nella lamiera come una lama nel burro.
Allo stesso modo, Christine Lagarde alla guida della Bce oggi pomeriggio in audizione al Parlamento europeo ha fornito uno sconfortante quadro di ovvietà e navigazione a vista.
Dopo mesi in cui la manifattura di Germania, Francia e Italia segna il passo e in alcuni casi arretra vistosamente e l’inflazione è ormai sotto il 2%, almeno in Italia, da ottobre scorso, oggi la Lagarde realizza che «si è rafforzata la fiducia che l’inflazione proceda tempestivamente verso l’obiettivo del 2% e di ciò sarà tenuto conto nella prossima riunione per le decisioni di politica monetaria prevista per il 17 ottobre».
Sembra Alice nel paese delle meraviglie che fa continuamente scoperte. Quando sono fenomeni di cui avrebbe dovuto avere evidenza con largo anticipo e avrebbe dovuto mettere in atto tempestivamente azioni correttive. Infatti la stagnazione dell’economia dell’eurozona è un fatto noto a tutti gli analisti ormai da mesi e, poiché la Lagarde non può non sapere, è evidente che alla base di certe (non) scelte non ci può essere colpa ma solo dolo.
I dati sull’inflazione a settembre in Germania (1,8%) e Italia (0,8%), usciti oggi, e quelli relativi a Francia (1,5%) e Spagna, usciti venerdì, hanno solo fornito l’ennesima conferma del processo disinflazionistico in atto. Domani leggeremo il dato relativo all’intera Eurozona che dovrebbe attestarsi intorno al 1,8%. E anziché sottolineare l'ovvio, sarebbe il caso che la Lagarde si assuma le proprie responsabilità circa questo trend discendente che è il segnale di un’economia stagnante. Proprio oggi dalla Germania è arrivata la notizia che anche nel 2024 la crescita sarà un miraggio. Non esattamente un grande risultato.
E correre ai ripari ora, con tagli tardivi – anche perché il tempo di trasmissione all’economia di questo genere di stimoli può arrivare fino a 12 mesi – è una sconcertante manifestazione di miopia e assenza di volontà di incidere presto e bene sulla crescita e sull’occupazione.
Ci permettiamo di evidenziare alla Lagarde che somministrare la medicina dopo l’ultima esalazione non è propriamente efficace. Invece siamo costretti ad ascoltare le trite e ritrite manifestazioni di prudenza di fronte ad un’inflazione “core” che stenta a ripiegare e cenni di preoccupazione rispetto ai prezzi dei servizi che manifestano ancora una discreta dinamica. Il mondo ideale della Lagarde è quello in cui è tutto fermo: salari, produzione, redditi e festeggiano solo coloro seduti sopra qualche bolla finanziaria.
Poi giocoforza esploderà pure quella e finiranno tutti per strada con i cartoni contenenti i loro effetti personali.
Per non farsi mancare nulla, la Lagarde ha fatto pure un cenno al fatto che “sia desiderabile avere banche che possano competere con la scala dimensionale di quelle Usa o cinesi”. Frase che ha fatto subito pensare all’operazione in corso di Unicredit su Commerzbank. Peccato che nessuno abbia osato fargli notare che la scala dimensionale di quelle banche extra europee è notevolmente superiore a quella della più grande banca europea per capitalizzazione (la francese Bnp Paribas, con Banca Intesa e Unicredit staccate di poco).
La vagheggiata fusione (o qualsiasi altro tipo di combinazione) tra Unicredit e Commerzbank porterà forse a un soggetto la cui capitalizzazione potrebbe essere un sesto di quella della americana JPMorgan. Altro che “campione”. C’è poco da mostrare i muscoli in segno di orgoglio, siamo e resteremo dei nani di fronte a quei giganti che si aggirano tra New York e Londra. Il resto è e resterà periferia.
Gli autori
Fabio Dragoni
Bocconiano. Un passato da manager e piccolo imprenditore. Si è occupato per anni di sanità dopo aver lavorato qualche lustro nel mondo delle banche locali. Dal febbraio 2014 non si dà pace. Lotta e scrive di moneta e libertà. Oggi firma de La Verità, Il Timone e CulturaIdentità. Polemico come molti suoi conterranei. Perché come dice Stanis La Rochelle: “i toscani hanno devastato questo Paese”.
Sergio Giraldo
Classe 1969, laurea in Scienze Politiche a Milano. Attivo da trent’anni nel settore dell'energia, dove ha ricoperto ruoli dirigenziali in diverse aziende, è analista indipendente dei mercati delle commodity, delle politiche europee e del commercio internazionale. Collaboratore assiduo del quotidiano La Verità. Socio di a/simmetrie.
Giuseppe Liturri
Nato a Bari nel 1966. Laurea in Economia Aziendale all'Università Bocconi e trentennale esperienza in finanza e gestione d'impresa. Dal 2018 impegnato in un'intensa attività di divulgazione e commento su temi di economia nazionale e internazionale, con particolare attenzione all'Eurozona. Scrive su La Verità e su Startmag.it