OUT! n. 48 - 03/10/2024
Dazi alla Cina, Germania lacerata | I "sacrifici" tafazziani di Giorgetti
Dazi alla Cina, Germania lacerata
(#SG) Domani i 27 stati membri dell’Ue voteranno per stabilire se applicare dazi alle importazioni di automobili elettriche dalla Cina. La questione sta lacerando il governo tedesco, che tra tutti è il più coinvolto nella questione.
Da una parte, Scholz e i socialdemocratici sono contrari ai dazi, così come il ministro dei trasporti Wissing e il responsabile delle Finanze Lindner, entrambi liberali della FDP. Dall’altra parte i Verdi, con il ministro degli Esteri Baerbock e quello dell’Economia Habeck. I primi sono fieramente schierati a fianco dell’industria automobilistica tedesca, contrarissima ai dazi (che la danneggerebbero). Dall’altra, i Verdi, pur dicendosi non favorevoli ai dazi in sé e pur auspicando una soluzione negoziata con la Cina, non hanno alternative da proporre.
Divisioni vi sono anche dentro l’Unione europea. In queste settimane gli sforzi tedeschi per convincere una parte dei partner europei a votare no si sono moltiplicati. Alla fine la Spagna si è convinta e dovrebbe votare contro, ma Francia e Italia restano ferme sul sì ai dazi. Alla fine sì dovrebbe essere, con la Germania che probabilmente si asterrà, così come la Spagna.
Sarebbe infatti un brutto segnale se nel Consiglio si verificasse una spaccatura netta sui dazi alla Cina. Sarebbe la certificazione che la Cina è in grado di rompere l’Ue e un messaggio non bello a Washington.
Più ancora, una frattura netta nel Consiglio su un tema così strategico sarebbe la certificazione che la Germania pensa più agli affari propri che al tanto decantato “interesse comune europeo”. Noi sappiamo che è vero e che è proprio così, anche perché un interesse comune europeo non esiste. Ma non sta bene dirlo.
I sacrifici “tafazziani” di Giorgetti
(#GL) C’è una sola cosa peggiore di nuove tasse: annunciarle in termini generici sui giornali. Soprattutto quando buona parte di questi ultimi – non proprio filogovernativi - sono in famelica attesa di fare a brandelli ragionamenti più articolati e fare il titolo della giornata.
Oggi il ministro Giancarlo Giorgetti è riuscito in questa tafazziana impresa, peraltro non proprio rara nello sciatto dibattito pubblico su temi così importanti. Ed allora sono bastate poche generiche parole «la manovra richiederà sacrifici da tutti» per far partire il tam tam dei titoli e mandare la Borsa in rosso del 1,5%.
Quando si parla di imposte e tasse c’è una regola di “igiene” del dibattito: non esistono i “si parla” e i “si dice”. Le norme prima si decidono nei dettagli, poi si pubblicano in Gazzetta Ufficiale e poi si spiegano.
L’incertezza è invece il male assoluto. Soprattutto quando la precisione delle parole è decisiva per comprendere il raggio d’azione di un’imposta. Perfino la posizione di una virgola può cambiare decine di milioni di gettito.
Invece lo stucchevole dibattito è partito con Giorgetti che ha discettato di «extraprofitti è un termine scorretto. Si deve parlare di tassare i giusti profitti, gli utili, calcolati in modo corretto», qualsiasi cosa, cioè nulla, voglia dire. È poi proseguito con le rituali prese di posizione del sottosegretario di turno (Federico Freni) «Non fanno parte del Dna di questo governo, lo abbiamo detto due anni fa e lo ribadiamo, evitiamo boutade». Infine è terminato, per modo di dire, con la “benedizione” del Ceo di Intesa San Paolo, Carlo Messina, «ci possono esser alcuni modi in cui contribuire alla situazione del debito pubblico senza avere impatti sui conti delle società" come ad esempio "lavorare sulle attività fiscali differite, fornire dei flussi di cassa al settore pubblico». Anche in questo caso, parole in libertà, perché, delle due, l’una: o le banche (come altre imprese) vengono incise dalle (maggiori) imposte e, simmetricamente, lo Stato migliora il suo deficit in modo strutturale e permanente, oppure non servono elemosine. Da via XX Settembre fortunatamente non hanno perso l’accesso ai mercati e possono sempre emettere titoli pubblici anziché ricevere “anticipi o acconti” dalle banche o da chicchessia.
Allora come si potrebbero spiegare le parole di Giorgetti? Non ci sentiamo di arrogarci il ruolo di esegeti del pensiero del ministro, ma parlano i numeri. Con il piano annunciato venerdì il deficit/Pil del 2025 dovrebbe andare al 3,3% rispetto al tendenziale del 2,9%. Circa 9-10 miliardi disponibili per fare cose (proroga del taglio del cuneo fiscale, Irpef a tre aliquote, politiche invariate, ecc…) che, a spanne, costano almeno 20 miliardi, se non di più. Allora, puramente e semplicemente, si dovrà tagliare qualche spesa o aumentare qualche entrate, per aumentare altre spese e tagliare altre entrate. Una redistribuzione che non potrà essere indolore ma che appartiene alla normale dinamica di un governo che vuole fare la sua politica di bilancio: una parte la finanzia in deficit, e su questo abbiamo già criticato l’eccessiva prudenza di Giorgetti, anche alla luce del caos che sta accadendo in Francia, e l’altra deve trovare copertura a parità di saldi complessivi di bilancio. Nulla di nuovo.
Il resto sono solo lanci di agenzia che durano il giusto.
Gli autori
Fabio Dragoni
Bocconiano. Un passato da manager e piccolo imprenditore. Si è occupato per anni di sanità dopo aver lavorato qualche lustro nel mondo delle banche locali. Dal febbraio 2014 non si dà pace. Lotta e scrive di moneta e libertà. Oggi firma de La Verità, Il Timone e CulturaIdentità. Polemico come molti suoi conterranei. Perché come dice Stanis La Rochelle: “i toscani hanno devastato questo Paese”.
Sergio Giraldo
Classe 1969, laurea in Scienze Politiche a Milano. Attivo da trent’anni nel settore dell'energia, dove ha ricoperto ruoli dirigenziali in diverse aziende, è analista indipendente dei mercati delle commodity, delle politiche europee e del commercio internazionale. Collaboratore assiduo del quotidiano La Verità. Socio di a/simmetrie.
Giuseppe Liturri
Nato a Bari nel 1966. Laurea in Economia Aziendale all'Università Bocconi e trentennale esperienza in finanza e gestione d'impresa. Dal 2018 impegnato in un'intensa attività di divulgazione e commento su temi di economia nazionale e internazionale, con particolare attenzione all'Eurozona. Scrive su La Verità e su Startmag.it