OUT! n. 5 - 18/06/2024
I popolari odiano Ursula | Incentivi eolico offshore | La Germania arranca e i salari aumentano | Unanimità in UE: balle! | Decreto miniere in arrivo | La scommessa del governo sulle tasse
I popolari odiano Ursula
Nella bislacca e bizantina architettura istituzionale dell’Unione Europea, il suo Parlamento è forse l’organo più inutile dal momento che le leggi non può proporle ed il governo non può sfiduciarlo. Ma c’è un momento, uno solo, il cui il Parlamento Europeo è veramente sovrano. E quel momento arriverà fra meno di un mese. Il Consiglio Europeo, con dentro i 27 capi di governo dei Paesi membri, individuerà un nome per la presidenza della Commissione. E quel nome sarà proposto in votazione al Parlamento che potrà quindi confermarlo o bocciarlo. E potrà farlo a scrutinio segreto. Insomma, per chi avesse voglia di giocare qualche scherzetto da franco tiratore questo è un vero e proprio invito a nozze. Va da sé che il Consiglio Europeo non può permettersi l’onta di vedersi sconfessato e sarà quindi nel suo interesse proporre alla guida della Commissione un candidato che trovi la fiducia del Parlamento. L’articolo 17 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea stabilisce che nella scelta del candidato il Consiglio deve tenere conto “delle elezioni del Parlamento Europeo e dopo aver effettuato le consultazioni appropriate” delibera “a maggioranza qualificata” il nome da proporre. Questo principio viene nella prassi declinato nell’individuazione di un candidato appartenente al raggruppamento che ha preso più suffragi. Nella fattispecie il Partito Popolare Europeo che infatti ha idealmente e praticamente candidato a quel ruolo Ursula Von Der Leyen. Ma nelle “consultazioni appropriate” di cui si parlava prima, il primo ministro polacco Tusk- in rappresentanza dei popolari- ci tiene a specificare che i popolari non sono interessati ai voti della destra e dei conservatori. Ben strano ed irrazionale modo, questo, di proporre una candidatura. Vi sognereste mai di partecipare ad un’elezione schifando alcuni potenziali elettori perché tanto vi sentite forti a sufficienza? O non sarebbe forse nel vostro interesse ampliare quanto più possibile la vostra base elettorale? Il messaggio ai naviganti a me pare chiarissimo. Il Ppe non sa più come dirlo e scriverlo. Ursula Von Der Leyen è una candidatura divisiva perché i popolari così vogliono che sia. Questo è il messaggio in bottiglia. La sua eventuale bocciatura in Parlamento è una prospettiva concreta. Il Consiglio Europeo è avvisato. Ci pensi bene prima di proporla. #FD
Incentivi eolico offshore
La Commissione europea ha diffuso il documento con cui motiva la concessione all’Italia del via libera agli aiuti di stato rappresentati dagli incentivi alle fonti rinnovabili “innovative”. Si tratta di quei 35 miliardi di incentivi che hanno creato scandalo un paio di settimane fa, soprattutto in chi si è accorto solo allora che le fonti rinnovabili non sono gratis. Intanto, il documento chiarisce anche ai più riottosi che il decreto FER2 nasce dal recepimento della direttiva RED, avvenuta con il d.lgs. n. 199 dell’8 novembre 2021. Inoltre, il contingente di potenza eolica offshore da incentivare è stato quantificato in 3.800 MW già nell’estate 2021.
Ciò detto, il documento riporta qualche numero. Gli impianti eolici offshore saranno destinatari per 25 anni di una tariffa incentivante di 185 €/MWh (il PUN medio di giugno, sinora, è 102 €/MWh). La tariffa è indicativa, perché ci sarà un’asta al ribasso per avere l’incentivo, strutturato come un contratto alle differenze. Tuttavia, non scenderà di molto. Questo perché si tratta di un livello calcolato usando i parametri che sono stati diffusi parzialmente ieri:
Come si vede, si tratta di tecnologie costosissime. Un impianto medio da 1 MW di solare termodinamico costa 7,2 milioni di euro, cioè quanto 35 Ferrari Roma Coupè. Per calcolare gli incentivi all’eolico offshore è stato considerato un ipotetico impianto da 600 MW, in grado di produrre energia a piena potenza per 2.900 ore all’anno. Gli investimenti (Capex) ammontano a 2.850 € a kilowatt di potenza e i costi operativi (Opex) a 85 euro a kilowatt. Considerando un Wacc (costo del capitale) dell’8%, il Net present value (valore netto attualizzato) dell’impianto senza incentivo sarebbe negativo (-2,3 milioni di euro). Numero un po’ strano, visti gli investimenti massicci e la differenza tra la tariffa incentivata e la media del PUN storico. Purtroppo il documento della Commissione fa riferimento ad un allegato che conterrebbe i calcoli dettagliati, ma questo risulta introvabile. Manca infatti un dato importante, e cioè a quale prezzo, nei calcoli del NPV, viene venduta l’energia senza incentivo. Se l’investimento per un impianto da 600 MW di eolico offshore è di 1,7 miliardi come dice il governo nella tabella, i flussi di cassa devono essere molto importanti e la gestione finanziaria incide sulla valutazione. In ogni caso, presto ci saranno le aste e vedremo quanti si presenteranno. #SG
La Germania arranca e i salari aumentano
Come va l’economia tedesca? Male, grazie. Quali sono le aspettative? Qual è il livello di fiducia verso il futuro? Migliora molto lentamente, quasi stazionario.
Si può riassumere così il valore di due indici anticipatori pubblicati oggi dall’istituto di ricerca Zew di Mannheim, che sono il risultato della solita indagine mensile su un campione rappresentativo di imprese tedesche. La sorpresa negativa è che le attese degli analisti, che attendevano dati migliori, sono andate deluse.
Avvisiamo subito chi sta per interrompere la lettura (…che ci importa della Germania, noi siamo in Italia…) che quei dati sono tenuti in grande considerazione dalla Bce per capire se proseguire nel sentiero di riduzione dei tassi di interesse. Qualcosa che colpisce le tasche di tutti.
Sotto questo aspetto, è di rilievo la richiesta del più grande sindacato tedesco (IG Metall) di sedersi alle trattative con gli industriali chiedendo un aumento dei salari del 7% per 3,9 milioni di lavoratori, la spina dorsale dell’industria tedesca. Dopo un aumento del 8% spalmato su due anni e una somma una-tantum di 3.000 euro, strappati nel negoziato chiuso nel 2022.
Di conseguenza, i salari in Germania sono cresciuti del 6,2% nel primo trimestre 2024, rispetto al primo trimestre 2023. La crescita più elevata del decennio che tuttavia non compensa la perdita cumulata del potere d’acquisto subita a causa dell’inflazione.
Ovviamente gli industriali hanno risposto in modo gelido ed a settembre si capirà la piega che prenderanno i negoziati.
Ora lo sguardo è verso l’Eurotower che sorveglia con molta attenzione la dinamica salariale e non aspetta altro per non proseguire nella riduzione dei tassi. Anche se a Francoforte sanno molto bene che gran parte dell’eccezionale inflazione del 2021-2023 è attribuibile alla scelta delle imprese di traslare sui prezzi i maggiori costi di materie prime e energia, mantenendo e talvolta migliorando i margini.
Quindi ora ci dovrebbe essere sufficiente margine per assorbire tali aumenti senza far ripartire i prezzi. Lasciare i lavoratori col cerino in mano non sembra una grande idea. #GL
La frottola dell’unanimità in UE
Il consiglio Ue dei ministri dell’ambiente ha dato il via libera al demenziale regolamento inerente al cosiddetto ripristino della natura. Proposta di regolamento su cui c’era già stato il semaforo verde prima della Commissione e poi del vecchio Parlamento. Ora sarà legge. E sarà immediatamente esecutiva. Non è una bella notizia soprattutto per gli agricoltori. “Libera palude in un (non) libero Stato” è il principio di fondo che informa questa norma. In base a specifici fondamentali benchmark come “l’indice delle farfalle delle praterie” si capirà se c’è abbastanza natura. E se non ce n’è abbastanza bisognerà rimettercela. Argini ed opere di ingegneria idraulica sono a rischio nel nome della restaurazione della natura. Ma il punto su cui mi preme soffermare la vostra attenzione è su quanto vuote e prive di senso siano le continue discussioni che spesso sentiamo in televisione in merito alla presunta necessità di superare il principio dell’unanimità perché altrimenti l’Europa sarebbe ingovernabile. Se infatti quel principio fosse stato in vigore, questa folle normativa non sarebbe stata approvata dal momento che vi si sono opposti sei paesi: per la precisione Italia, Ungheria, Olanda, Polonia, Finlandia e Svezia. Si è astenuto poi il Belgio. Sette paesi insomma hanno fatto muro. Sarebbero stati sufficienti a bloccare il progetto se solo avessero rappresentato almeno il 35% della popolazione. Purtroppo, però, solo il 31% della popolazione totale abita in questi sette stati e la proposta non è stata bocciata, bensì approvata. Quindi di quale unanimità si va blaterando? #FD
Decreto miniere in Consiglio dei Ministri
Come anticipato dal sottosegretario del Ministero delle imprese e del made in Italy Massimo Bitonci, che ha risposto ad una interrogazione parlamentare la settimana scorsa, è pronto il decreto legge sulle materie prime critiche, che dovrebbe essere all’ordine del giorno del prossimo Consiglio dei Ministri di giovedì 20 giugno. Il decreto prende le mosse dal Regolamento europeo sulle materie prime critiche (MPC) approvato lo scorso 18 marzo, che ha individuato 34 materiali strategici per l’Europa.
Il decreto in questione è elaborato congiuntamente dal Mimit e dal Mase e conterrà gli elementi per la creazione in Itlia di catene di fornitura dei minerali critici, almeno qualcuno tra questi:
Obiettivo è creare una industria che oggi praticamente non esiste. Sarà necessario dare in concessione lo sfruttamento di miniere, per estrarre e lavorare MPC, che dopo l’uso, vanno riciclate. Nel gergo Ue, una sfida. Il tutto è finalizzato a diminuire la dipendenza dalla Cina in ottica di decoupling delle catene di fornitura mondiale. Una dipendenza che non riguarda soltanto le fonti rinnovabili e la transizione, ma altri due ambiti altamente strategici: i semiconduttori e la difesa.
Due sono gli aspetti positivi che emergono da quanto ha anticipato Bitonci in Parlamento: 1) con il decreto verrebbe istituito un sistema di monitoraggio delle catene del valore strategiche; 2) ISPRA dovrebbe (finalmente) identificare le potenzialità minerarie primarie e secondarie (recupero da rifiuti estrattivi) del nostro Paese. Attendiamo di sapere se il decreto si occuperà anche del collegato Fondo Strategico Nazionale per il made in Italy, più volte annunciato e teoricamente già dotato di un miliardo di euro, ma di cui si sono perse le tracce tra i corridoi dei due ministeri. #SG
La scommessa del governo sulle tasse
Da ieri circa 1,3 milioni di imprese e lavoratori autonomi hanno un grattacapo da risolvere entro il prossimo 31 ottobre.
Essendo stati classificati dal fisco con un indice di “fedeltà” (punteggio ISA) inferiore a 8, dovranno decidere se accettare il reddito presunto che il fisco gli attribuisce, che ha l’obiettivo di far salire il reddito dichiarato fino a raggiungere l’indice 10 della scala della fedeltà fiscale, entro i due periodi di imposta 2024-2025.
Il decreto con la metodologia di calcolo e il software, che con un complesso algoritmo con numerose variabili genera la proposta, è ormai uscito. Fate il vostro gioco! Fanno sapere dal Mef e dall’Agenzia delle Entrate e fate bene i vostri calcoli, perché chi si adegua viene escluso dall’accertamento induttivo e chi non si adegua entra nelle liste selettive di controllo.
Hanno poco da temere i circa 1,1 milioni di contribuenti che hanno già l’indicatore ISA oltre 8, per i quali cambierà poco.
Tutto dipenderà da come si situa il reddito proposto rispetto al reddito del contribuente (quello ormai conseguito per il 2024 e quello previsto per il 2025) ed alla sua percezione di rischio di essere sottoposto a controllo fiscale.
È una scommessa anche per il vice-ministro Maurizio Leo, progettista di questo strumento. Che ha alla base una scelta strategica: poiché i contribuenti sono tanti, sono piccoli ed è impossibile controllarli tutti in modo efficiente (controlli che consumano tante ore uomo per poche migliaia di euro), allora si opta per una sorta di determinazione “catastale” del reddito. Sperando che l’asticella non sia posta troppo in alto, al punto da disincentivare i contribuenti o troppo in basso, trasformandosi di fatto in un’esenzione.
Se funzionerà, deve essere chiaro che l’effetto sarà solo quello di redistribuire il carico fiscale in modo più equo, riducendo altre imposte. La pressione fiscale non può ancora aumentare. Leo e Giorgia Meloni sono avvertiti. #GL
Gli autori
Fabio Dragoni
Bocconiano. Un passato da manager e piccolo imprenditore. Si è occupato per anni di sanità dopo aver lavorato qualche lustro nel mondo delle banche locali. Dal febbraio 2014 non si dà pace. Lotta e scrive di moneta e libertà. Oggi firma de La Verità, Il Timone e CulturaIdentità. Polemico come molti suoi conterranei. Perché come dice Stanis La Rochelle: “i toscani hanno devastato questo Paese”.
Sergio Giraldo
Classe 1969, laurea in Scienze Politiche a Milano. Attivo da trent’anni nel settore dell'energia, dove ha ricoperto ruoli dirigenziali in diverse aziende, è analista indipendente dei mercati commodity, delle politiche europee e del commercio internazionale. Collaboratore assiduo del quotidiano La Verità. Socio di a/simmetrie.
Giuseppe Liturri
Nato a Bari nel 1966. Laurea in Economia Aziendale all'Università Bocconi e trentennale esperienza in finanza e gestione d'impresa. Dal 2018 impegnato in un'intensa attività di divulgazione e commento su temi di economia nazionale e internazionale, con particolare attenzione all'Eurozona. Scrive su La Verità e su Startmag.it