OUT! n. 53 - 10/10/2024
Crisi del petrolio. Questa volta è diverso. Anche se... | Fai un piano, fanne un altro | La inesistente tempeste sulle case e sul catasto
Crisi del petrolio: mercati tranquilli. Ma un effetto sulle elezioni americane potrebbe esserci
(#FD) Il solo rovinoso conflitto fra Israele ed Iran, unito all’invasione russa in Ucraina, sarebbero fenomeni dirompenti e di per sé sufficienti a scatenare il panico nelle trading room dove si acquista e si vende il petrolio. Eppure, così non è. Oggi la situazione in termini di volatilità del prezzo è pressocché la stessa di quanto accadde nel 2006 quando Israele invase sì il Libano, ma in una situazione sicuramente molto più tranquilla rispetto all’attuale. La domanda è: perché chi commercia il petrolio è relativamente tranquillo? Javier Blas, firma di Bloomberg, svolge un’analisi accurata la cui sintesi è comunque riassumibile nella scelta strategica fatta dagli Stati Uniti. Mi riferisco a quella di diventare addirittura esportatore netto di petrolio. Nel 2006 gli Stati Uniti estraevano poco meno di sette milioni di barili al giorno di petrolio e ne importavano quasi 13. Oggi ne estraggono 20 e ne esportano quasi due. Gli Stati Uniti sono cioè diventati, secondo Blas, il principale produttore di petrolio al mondo. Una situazione decisamente singolare considerato che l’America il petrolio soprattutto lo utilizza. Il principale mercato di riferimento è cioè “impermeabile” alle crisi in Medio Oriente. Ma fino ad un certo punto. Un impatto comunque lo avranno, visto che fra poche settimane si terranno le elezioni presidenziali. Sarà politico e non economico. Ed il consenso della comunità ebraica e pro-Palestina (molto forte quest’ultima in Wisconsin stato in bilico e decisivo) potrebbero essere determinanti per il risultato finale. La seconda comunità da sempre è vicina al Partito Democratico. E questo spiega la palese difficoltà dell’amministrazione Biden a dimostrare un appoggio troppo esplicito nei confronti di Netanyahu. Altrettanto complicato sarà scoprire come si schiererà la comunità ebraica. La mancata scelta da parte della Harris del Governatore della Pennsylvania Shapiro non aiuta i Dem in questa operazione di captatio benevolentiae del consenso della comunità.
Fai un piano, fanne un altro.
(#SG) Vi aggiorniamo. Sappiamo che siete preoccupati, ma non dovreste esserlo: la International Energy Agency vigila su tutti noi. Essa, mentre noi dormiamo sonni agitati nelle nostre case poco efficienti, escogita sempre nuovi piani, nuovi obiettivi, nuovi report. Eccone un altro, fresco fresco: come fare a mettere in pratica ciò che è stato deciso alla COP28? C’è una risposta alla domanda che vi tormentava. Non è difficile: basta mettere insieme lo scenario Net Zero 2050 con gli outcome della COP28, ed ecco i nuovi obiettivi globali al 2030 (mancano sei anni):
triplicare la potenza elettrica rinnovabile (ovvero passare dai 3.680 GW del 2022 a 11.500 GW nel 2030);
raggiungere una capacità di stoccaggio di energia di 1.500 GW;
costruire o ammodernare reti elettriche per 25 milioni di kilometri;
raggiungere una percentuale di elettricità nei consumi finali energetici del 30%;
guadagni di efficienza energetica del 4% all’anno.
Obiettivi al 2035:
quintuplicare la potenza elettrica rinnovabile;
costruire o ammodernare reti elettriche per altri 30 milioni di kilometri;
raggiungere una percentuale di elettricità nei consumi finali energetici del 35%.
(Ah, la COP28 ha posto come obiettivo al 2030 per le auto elettriche il 67% di quota di vendita di auto nuove. Nel mondo. Probabilmente ce la si farà, visto che si venderanno molte meno auto).
Servono circa 4.000 miliardi di dollari per le reti e circa 1.000 per lo stoccaggio di energia, in sei anni. Poi, c’è tutto il resto. Nel 2023 gli investimenti in energia largamente intesa sono stati 2.900 miliardi di dollari globalmente. Nel 2035 dovranno arrivare a 5.200 miliardi di dollari all’anno, con graduale riduzione degli investimenti fossili e sempre maggiore peso della “clean energy”:
Se siete preoccupati perché non sapete chi ci metterà tutti questi soldi, c’è un piano anche per questo, cioè questo:
Tagliare i sussidi ai combustibili fossili e destinarli al green è la strategia. Quindi, stiamo tranquilli, abbiamo trovato chi ci metterà i soldi: noi. Del resto si sa, la rivoluzione non è un pranzo di gala. Neppure quella verde.
La inesistente tempesta sulle case e sul catasto
(#GL) Ci mettiamo nei panni di chi (sempre meno) ancora legge e soprattutto crede ai giornali e intendiamo fornirgli qualche momento di sollievo nel marasma generale.
Ci riferiamo alla tempesta di nulla mischiato col niente relativo alle imposte sulla casa. Prima di entrare nel merito, ecco una breve rassegna del museo dell’orrore:
«Casa e tasse, sale la tensione» (Corriere della Sera, 10 ottobre, con le prime quattro pagine tutte sul tema).
Appena più sorvegliato il Sole 24 Ore, sempre il 10 ottobre, con «Catasto, superbonus e cose fantasma: ecco il piano del Fisco per i controlli», con due ricche pagine all’interno per parlare di cose note da anni, come spiegheremo di seguito.
Ma sul Sole si erano superati già il giorno prima con il titolo in prima «Catasto, caccia alle casa fantasma e a chi ha utilizzato il superbonus».
Ora, mettetevi nei panni del cittadino che legge queste cose senza essere un addetto ai lavori. Come prima cosa chiama il suo geometra (basta un geometra, senza scomodare l’ingegnere o l’architetto che gli direbbero le stesse cose, ma costano di più).
E il buon geometra alla domanda su cosa sia cambiato nelle ultime 48 ore non può che scrollare le spalle e rispondere seraficamente «nulla!».
Infatti è dalla notte dei tempi che, in caso di ristrutturazione di un’abitazione che modifica sensibilmente gli impianti, i vani o la metratura, il tecnico che segue la pratica edilizia deve obbligatoriamente presentare la variazione al catasto che, molto spesso, si traduce in un aumento della rendita catastale. Si chiama Docfa, normale amministrazione per qualsiasi geometra della penisola da anni.
Ora è abbastanza probabile, anche se non automatico, che nel caso delle ristrutturazioni con l’agevolazione del Superbonus, la variazione al catasto porti a un aumento della rendita.
Tutte cose note anche prima che uno specifico articolo della sterminata produzione legislativa che ha assistito il Superbonus, mettesse ancor più l’accento su questo aspetto.
Invece, apriti cielo. È stato sufficiente che il ministro Giancarlo Giorgetti dicesse che l’erba è verde e il cielo è azzurro, (la necessità di trovare le case sconosciute al catasto e di adeguare le rendite catastale nei casi previsti dalla legge) per fare scatenare la canea mediatica.
Se Repubblica titola «Giorgetti si vendica del Superbonus: rincari al catasto per chi lo ha usato», non vi viene il lieve sospetto di un uso platealmente strumentale delle parole del ministro? Quale «vendetta»? Quella di applicare norme vecchie di 30 anni?
Oppure se Domani titola «Meloni boccia Giorgetti su tasse e catasto, scatta la retromarcia», è difficile capire che è in corso una, peraltro legittima per carità, lotta politica che usa strumentalmente le parole fino a stravolgerle?
E pensate, siamo ancora al 10 ottobre, quando non c’è nemmeno uno straccio di bozza di articolato di legge sulla prossima legge di bilancio. Immaginate cosa potrebbe accadere tra qualche settimana.
Ora ve lo anticipiamo: al netto delle misure finanziate in deficit, ci saranno “n” soggetti beneficiari di tagli di tasse e di aumenti di spesa e ci saranno “k” altri soggetti che subiranno aumenti di tasse e tagli di spesa, il tutto a saldo zero. Come avviene in tutte le leggi di bilancio.
Scommettiamo che si parlerà solo di questi ultimi?
Gli autori
Fabio Dragoni
Bocconiano. Un passato da manager e piccolo imprenditore. Si è occupato per anni di sanità dopo aver lavorato qualche lustro nel mondo delle banche locali. Dal febbraio 2014 non si dà pace. Lotta e scrive di moneta e libertà. Oggi firma de La Verità, Il Timone e CulturaIdentità. Polemico come molti suoi conterranei. Perché come dice Stanis La Rochelle: “i toscani hanno devastato questo Paese”.
Sergio Giraldo
Classe 1969, laurea in Scienze Politiche a Milano. Attivo da trent’anni nel settore dell'energia, dove ha ricoperto ruoli dirigenziali in diverse aziende, è analista indipendente dei mercati delle commodity, delle politiche europee e del commercio internazionale. Collaboratore assiduo del quotidiano La Verità. Socio di a/simmetrie.
Giuseppe Liturri
Nato a Bari nel 1966. Laurea in Economia Aziendale all'Università Bocconi e trentennale esperienza in finanza e gestione d'impresa. Dal 2018 impegnato in un'intensa attività di divulgazione e commento su temi di economia nazionale e internazionale, con particolare attenzione all'Eurozona. Scrive su La Verità e su Startmag.it