OUT! n. 55 - 15/10/2024
La Russia sta vincendo la sua guerra. Parola di Munchau. E un po' anche nostra | De bello gallico reprise |
La Russia sta vincendo la sua guerra. Parola di Wolfgang Munchau. E un po’ anche nostra
(#FD) Autocitarsi non è elegante. Lo so. Ed infatti non lo sono. E quindi mi autocito. Riporto di seguito fra virgolette quanto ho avuto modo di scrivere sul mensile il Timone nel numero di marzo 2022. All’indomani dell’invasione della Russia in Ucraina.
“Con un Pil pro capite di dodicimila dollari mal contati la Russia viene dopo anche a Panama e Venezuela. Certo, dodicimila dollari a San Pietroburgo sono una cosa ben diversa che a New York. Ma anche rifacendo i conti per considerare il potere di acquisto la Russia viene dopo Cipro, Porto Rico e Grecia. Non produce smartphone, fichissime auto elettriche o microchip di ultima generazione. L’economia russa è praticamente niente in confronto con quella di America e Cina. Quest’ultima ha un reddito che supera quello russo di cinque volte. Nei primi anni 90 Mosca e Pechino praticamente si equivalevano. Ciononostante, la Russia piegherà le economie dei giganti. L’armata rossa ha invaso l’Ucraina e da allora i suoi incassi per la vendita di gas sono più che triplicati arrivando a 700 milioni di dollari al giorno. Tempo un anno e a questi prezzi Mosca avrà ricostituito le riserve valutarie confiscategli con le sanzioni. L’Europa finge di avere un piano B per fare a meno di Putin quale fornitore di quasi il 50% dei 400 miliardi di metri cubi di gas che consuma ogni anno. Se Europa e Usa pensano poi di rimpiazzare il petrolio russo con quello di altri produttori semplicemente andranno a sbattersi contro un iceberg. Capacità estrattiva inutilizzata ad oggi non ce n’è. Parola di Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia. Con un’alzata di ingegno possiamo riattivare le centrali a carbone. Cestineremo l’irrealizzabile follia della transizione verde mandando al manicomio i radical chic. Ma indovinate da dove arrivano i tre quarti del carbone consumati dall’Italia nel 2021? Ovviamente dalla Russia! Questa è anche il granaio del mondo. Produce ogni anno oltre 75 milioni di tonnellate di frumento. Cina e India oltre 270. Ma con queste devono sfamarsi 2,8 miliardi di persone mentre in Russia risiedono “appena” 140 milioni di abitanti. E non abbiamo parlato ancora di ordigni nucleari. Dall’internet, all’”internet delle cose” e quindi alle cose. La Russia è molto più potente di quanto sembri.”
Ebbene oggi ad oltre due anni e mezzo di distanza dall’invasione a che punto siamo? Intanto nel 2022, grazie all’esplosione dei prezzi dell’energia la Russia ha registrato un surplus con l’estero pari a quasi 240 miliardi di dollari. Praticamente quasi cinque volte al valore medio di 54 miliardi registrato nel periodo 2013-2020. Nel triennio 2021-2023 (perché è dal 2021 che sono iniziate le forti tensioni sul prezzo del gas) la Russia ha cumulato un surplus con l’estero complessivo di circa 411 miliardi. Un valore quasi pari al surplus complessivo degli otto anni precedenti: 432 miliardi. Oltre ai dati del FMI, oggi scopriamo con piacere di avere sulla stessa lunghezza d’onda niente meno che Wolfgang Munchau nella sua prestigiosa rubrica settimanale sul web. Secondo Munchau i commenti dei mass media occidentali in questi due anni, molti dei quali preconizzavano che le riserve di valuta estera di Mosca sarebbero finite in pochi mesi, sono un vero e proprio monumento alla proverbiale attitudine di molti autorevoli commentatori che spesso confondono speranze ed aspettative. La Russia cresce più di tutte le economie del G7. Si è riconvertita ad un’economia di guerra spendendo per la difesa il 6% del suo PIL. Le economie dell’Ue non arrivano al 2%. “Non hanno finito i soldi” chiosa Munchau ma semplicemente la “volontà di riconvertirsi”. La guerra per l’economia russa funziona come dei veri e propri “steroidi”. Non è affatto isolata perché ha stretto legami soprattutto con la Cina e questo dovrebbe preoccuparci. La rotta artica è il loro matrimonio. Le economie europee sono alle prese di nuovo con l’austerità e l’Austria rischia addirittura di rimanere senza gas dal momento che questo gli arriva dal gasdotto che passa dall’Ucraina. E tutto lascia presagire che i contratti in scadenza l’anno prossimo non saranno rinnovati. Grosso problema per Vienna che non ha sbocchi sul mare dove far arrivare via nave il GNL. Infine, secondo Munchau il prossimo anno i ricavi per la Russia derivanti da fonti fossili (petrolio escluso) aumenteranno di conseguenza del 73%. La Germania per prima, scrive Munchau, sta disperatamente cercando una via d’uscita per la pace. Mala tempora currunt per tutti noi. Vediamo che succede qualora vincesse Trump.
De bello gallico reprise.
(#SG) Quanti sono i lavoratori manifatturieri interessati dai negoziati per il rinnovo del contratto di lavoro in Germania? Quattro milioni. Le associazioni datoriali hanno proposto una durata contrattuale di 27 mesi, con un aumento delle retribuzioni lorde del 3,6%, così distribuite: per i primi nove mesi zero, da luglio 2025 +1,7%, dopo un anno un altro 1,9%. Il più grande sindacato di settore, la IGMetall, ha rifiutato questa base di trattativa e, dopo il 29 ottobre minaccia scioperi. Prosegue intanto in separata sede il negoziato tra i sindacati e Volkswagen, per ora sospeso sino al 30 ottobre. Butta male anche lì, con l’azienda che non recede dalla sua intenzione di chiudere almeno uno stabilimento.
Nel frattempo, a Parigi il salone dell’auto è diventato il salone della depressione, con le auto europee sotto schiaffo su tutta la linea: vendite in calo, ritardi sull’elettrico, profit warning come se piovesse, chiusure, licenziamenti. Festeggia la Cina (quest’anno il Salone di Parigi ha come slogan “Let's celebrate”). Infatti è tutta una festa. Nel 2019 i marchi cinesi in Europa avevano una quota di mercato dell’1% scarso. Quest’anno arriveranno al 12%, ed è solo l’inizio. Questo non vale solo per i segmenti medi, ma anche per il lusso. A Parigi c’è anche il marchio Hongqi (che dovrebbe significare qualcosa come “bandiera rossa”), nuovo protagonista dell’alta gamma, che presenta una berlina e un SUV di lusso, presto sulle strade in Francia e Germania.
Anche Byd è arrivata a Parigi con modelli di lusso.
Nello sconforto europeo, spiccano le parole del capo di Renault, Luca De Meo.
Dopo la visita di Macron, che ha lanciato il sobrio obiettivo di costruire in Francia due milioni di auto all’anno entro il 2030, De Meo ha detto alla stampa che “Occorre trovare un accordo con i cinesi. Non è che i cinesi ci spazzeranno via, lotteremo e reagiremo. Non possiamo chiuderci in un villaggio gallico”. Giusto. Ma i cinesi non sono gli antichi romani.
Gli autori
Fabio Dragoni
Bocconiano. Un passato da manager e piccolo imprenditore. Si è occupato per anni di sanità dopo aver lavorato qualche lustro nel mondo delle banche locali. Dal febbraio 2014 non si dà pace. Lotta e scrive di moneta e libertà. Oggi firma de La Verità, Il Timone e CulturaIdentità. Polemico come molti suoi conterranei. Perché come dice Stanis La Rochelle: “i toscani hanno devastato questo Paese”.
Sergio Giraldo
Classe 1969, laurea in Scienze Politiche a Milano. Attivo da trent’anni nel settore dell'energia, dove ha ricoperto ruoli dirigenziali in diverse aziende, è analista indipendente dei mercati delle commodity, delle politiche europee e del commercio internazionale. Collaboratore assiduo del quotidiano La Verità. Socio di a/simmetrie.
Giuseppe Liturri
Nato a Bari nel 1966. Laurea in Economia Aziendale all'Università Bocconi e trentennale esperienza in finanza e gestione d'impresa. Dal 2018 impegnato in un'intensa attività di divulgazione e commento su temi di economia nazionale e internazionale, con particolare attenzione all'Eurozona. Scrive su La Verità e su Startmag.it