OUT! n. 56 - 16/10/2024
Otto mesi di fisco e la curva di Laffer | De bello gallico reprise |
Otto mesi di fisco e la curva di Laffer
(#FD) Nei primi otto mesi del 2024 lo Stato italiano ha incassato 551 miliardi di euro così ripartiti: 212 miliardi di imposte dirette (il 38% del totale delle entrate incassate), 160 miliardi di imposte indirette (il 29% del totale) ed infine 179 miliardi di oneri sociali e previdenziali (il 33% del complessivo). Rispetto ai corrispondenti primi otto mesi del 2023, quando la Pubblica Amministrazione aveva incassato 528 miliardi, si registra un incremento del 4%. Ora essendo che il reddito complessivo (il cosiddetto Prodotto Interno Lordo nominale che cioè non tiene conto dell’inflazione) si prevede che cresca meno del 2% nel 2024, ne discende che aumenta la pressione fiscale. Questa grandezza è un rapporto dato dal totale delle entrate diviso il PIL. Ma non avendo l’attuale esecutivo aumentato nessuna imposta ed anzi riducendo (di poco!) ciò che poteva diminuire, come è possibile che il gettito fiscale sia aumentato più del PIL? Molto banalmente è aumentata la base imponibile su cui gli italiani pagano le imposte e i contributi. Ricordiamo infatti che il PIL è una stima che tiene conto, al suo interno, anche della cosiddetta economia “non osservata” vale a dire tutto il reddito nascosto con l’evasione, l’elusione e le attività illegali che per definizione non generano entrate per lo Stato. In altre parole, riducendo le aliquote laddove possibile il gettito aumenta. Può sembrare controintuitivo ma così non è. L’economista che per prima aveva teorizzato questo effetto è stato Arthur Laffer. Colui che ha ispirato la politica economica di Ronald Reagan (la Reaganomics). Laffer aveva costruito un modello di una semplicità rivoluzionaria che si materializzava in una curva (la cosiddetta curva di Laffer) su un piano cartesiano. Le intuizioni di Laffer erano indiscutibilmente vere. Se le aliquote fiscali e contributive fossero tutte (ma proprio tutte pari a zero) e non ci fosse nessun balzello fisso, l’incasso per lo Stato sarebbe zero. Ma sarebbe zero anche se, di contro, esse fossero pari al 100%. Chi avrebbe infatti interesse a lavorare?
Se quindi si cominciano ad alzare le tasse partendo da zero il gettito aumenterà. Ma non potrà aumentare all’infinito incrementando la pressione fiscale perché, tendendo sempre più verso il 100%, il gettito diminuirà fino ad arrivare a zero. Ci sarà un punto quindi oltre il quale aumentando le imposte il gettito inizierà a diminuire. E di conseguenza se invece si ridurranno aumenterà. Ecco noi potremmo aver scollinato e quindi diminuendo le imposte aumenta il gettito. Questi primi otto mesi di 2024 con gettito in aumento e tasse -seppur di poco- diminuite, sembrano dimostrare che Laffer aveva ragione. Evviva Arthur Laffer. Andrebbe preso in parola. Ma le regole europee non lo consentono!.
La direttiva europea che tanto piace agli USA.
(#SG) (Si scherza). Sul WSJ di oggi un editoriale stronca la direttiva europea sulla Corporate sustainability due diligence, la già più volte citata normativa che trasforma le aziende in poliziotti alla ricerca di nefandezze nelle proprie catene di fornitura (e nei clienti a valle).
La caratteristica di questa direttiva è che di fatto va a regolare anche al di fuori dei propri confini, costringendo anche i fornitori esteri ad adeguarsi, pure se risiedono, ad esempio, alle isole Tonga o in India.
O negli Stati Uniti.
L’editoriale è firmato da un senatore repubblicano e da un rappresentante (sempre repubblicano) dell’Arkansas. L’attacco non è dei migliori, per Bruxelles. Secondo i due rep la direttiva “converte una serie di convenzioni internazionali in leggi vincolanti applicabili alle aziende americane. Non fatevi ingannare dal marchio benigno: queste misure di "sostenibilità aziendale" includono politiche estreme che paralizzeranno le aziende statunitensi”. Uhm. Prosgue poi il pezzo: “La nuova norma obbliga le aziende statunitensi ad aderire all'obiettivo di emissioni di carbonio "net zero" dell'UE e a rispettare onerosi standard relativi al lavoro, anche quando superano i requisiti della legge statunitense. Oltre a imporre severe sanzioni finanziarie per le violazioni, la norma stabilisce un diritto privato di azione che offre agli attivisti un incentivo a bombardare le aziende con cause legali frivole”. Ri-uhm.
Poi arriva il bello: “Oltre ai suoi effetti economici, la portata extraterritoriale della norma è un affronto alla sovranità degli Stati Uniti. Le principali politiche dovrebbero essere apertamente dibattute e decise dai nostri rappresentanti eletti, non dettate da legislatori stranieri irresponsabili. I leader europei potrebbero scegliere di auto-immolarsi le loro economie sull'altare del clima e della giustizia sociale, ma gli americani non dovrebbero essere trascinati senza voce in capitolo”.
Infine si accusa l’amministrazione Biden-Harris di avere fatto poco per contrastare “l’eccesso di potere” di Bruxelles: “L'amministrazione Biden-Harris deve impegnarsi con l'UE per ritardare l'attuazione della sua nuova regolamentazione ed eliminare la sua portata extraterritoriale sulle aziende statunitensi. In caso contrario, gli elettori avranno un altro motivo a novembre per eleggere nuovi leader che difenderanno gli interessi e la libertà economica dell'America”.
Ecco dunque un altro motivo per cui, nel caso di vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali di novembre, per Bruxelles potrebbe iniziare un lungo, lunghissimo momento difficile.
Gli autori
Fabio Dragoni
Bocconiano. Un passato da manager e piccolo imprenditore. Si è occupato per anni di sanità dopo aver lavorato qualche lustro nel mondo delle banche locali. Dal febbraio 2014 non si dà pace. Lotta e scrive di moneta e libertà. Oggi firma de La Verità, Il Timone e CulturaIdentità. Polemico come molti suoi conterranei. Perché come dice Stanis La Rochelle: “i toscani hanno devastato questo Paese”.
Sergio Giraldo
Classe 1969, laurea in Scienze Politiche a Milano. Attivo da trent’anni nel settore dell'energia, dove ha ricoperto ruoli dirigenziali in diverse aziende, è analista indipendente dei mercati delle commodity, delle politiche europee e del commercio internazionale. Collaboratore assiduo del quotidiano La Verità. Socio di a/simmetrie.
Giuseppe Liturri
Nato a Bari nel 1966. Laurea in Economia Aziendale all'Università Bocconi e trentennale esperienza in finanza e gestione d'impresa. Dal 2018 impegnato in un'intensa attività di divulgazione e commento su temi di economia nazionale e internazionale, con particolare attenzione all'Eurozona. Scrive su La Verità e su Startmag.it
Ma non era stata debunkata la curva di Laffer come teoria economica estremamente poco seria?