OUT! n. 60 - 30/10/2024
Il Governo Meloni dice addio all'auto elettrica | Gli Usa corrono, l'Europa no |
Il governo Meloni dice addio all’auto elettrica.
(#FD) Meritano un plauso Carmine Fotina e Gianni Trovati del Sole 24 Ore. Mai abbiamo risparmiato critiche al quotidiano di Confindustria ma lo scoop di ieri ad opera delle sue due firme è decisamente eccezionale. Da qui al 2030 erano rimasti da spendere 5,8 miliardi in incentivi per il settore automobilistico. Soprattutto alla domanda. Ovvero sussidi per rendere più economico l’acquisto di autovetture elettriche. Il governo ha sforbiciato il fondo dell’80% togliendo, anzi tagliando 4,6 miliardi. Rimangono al settore 1,2 miliardi. Sarebbe più corretto utilizzare il termine definanziamento. Diminuisce cioè l’incremento di spesa previsto. Questi soldi saranno destinati alla difesa e confluiranno in un fondo di importo complessivo che alla fine sarà pari ad 11,3 miliardi da spendere entro il 2039. Cambia la finalità della spesa (dall’auto elettrica alla difesa) ed il ministero titolare della spesa; dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) a quello della Difesa. Il dicastero di partenza di questo ideale “giroconto interno” e quello di arrivo sono invece entrambi gestiti da ministri di Fratelli d’Italia. Adolfo Urso “paga” e Guido Crosetto “riceve”. Un particolare solo apparentemente secondario. Tutto è stato deciso dentro Fratelli d’Italia. Nessuna trattativa a livello di coalizione che avrebbe probabilmente reso l’operazione molto più visibile a tutti. Invece Fotina e Trovati se ne sono accorti compulsando diligentemente le varie tabelle allegate al disegno di legge di bilancio. Di niente affatto facile lettura. L’operazione è di eccezionale importanza. Per due motivi. Primo: il governo risponde per le rime al “ricatto” di Tavares che in audizione aveva chiesto una maggiore dote finanziaria per incentivare l’acquisto di auto elettriche “più costose del 40% rispetto alla media” pena la chiusura degli stabilimenti in Italia peraltro già praticamente “dismessi”. Secondo: il governo dimostra di non credere non solo alle promesse di Stellantis ma soprattutto al futuro dell’auto elettrica. A questo punto mancherebbe solo il colpo di tacco finale: nazionalizzare gli impianti italiani di Stellantis per poi cederli ad un altro produttore. Ma a parte la fantapolitica, rimane il dato di realtà. Mentre a Bruxelles fingono che il Green New deal sia una cosa seria, Roma si è già portata avanti col lavoro. Il suo non paper sulla necessità di rivedere le scadenze che porterebbero al divieto di produzione di auto a combustione interna di qui al 2035 è stato bocciato in Consiglio Ue, ma Palazzo Chigi dà per scontato che quel delirio non potrà realizzarsi e quindi di fatto in Italia lo cancella già. Niente male come mossa!
Gli Usa corrono, l’Europa no
(#GL) Giornata ricca di dati economici relativi all’economia dei principali Paesi dell’eurozona e degli USA.
Parliamo di PIL e inflazione e la sintesi è che gli USA marciano a velocità di crociera, con un filo di gas, senza grandi segnali di affaticamento, mentre l’Eurozona continua ad arrancare.
Il PIL della zona euro nel terzo trimestre è cresciuto del 0,4% sul trimestre precedente, e dello 0,9% sul terzo trimestre 2023, in lieve rialzo sia rispetto alle previsioni che al dato del secondo trimestre.
Italia ferma (0,0% t/t e +0,4% a/a), Germania in correzione (+0,2% t/t e -0,2% a/a), Francia in rimbalzo grazie all’effetto Olimpiadi (+0,4% t/t e +1,3% a/a) e Spagna sugli scudi (+0,8% t/t e +3,4% a/a) grazie ad una eccellente accelerazione del settore turistico.
Numeri da prefisso telefonico rispetto al sontuoso +2,8% degli USA (rispetto al +3,0% del trimestre precedente). In Europa ormai la velocità dell’economia si misura in relazione alla distanza rispetto al modello economico germano-centrico. Più lontani dall’epicentro del bubbone tedesco e della conseguente crisi dei prezzi energetici si è, migliori sono i risultati. Francia e Spagna sono esemplari a questo riguardo. Anzi, c’è da meravigliarsi che l’Italia riesca a fare meglio della Germania, di cui è sotto molto aspetti periferia produttiva ma da cui, fortunatamente, si differenzia per non essere molto dipendente da settori industriali altamente energivori (siderurgico, chimico, ecc…).
Sul fronte dei prezzi, l’indice PCE “core” relativo alle spese personali, molto considerato dalla Fed, si attesta al +2,20% rispetto al +2,80% del mese precedente; mentre quello complessivo scende al +1,5% (2,5% il precedente). In Europa, Spagna a +0,4% m/m e 1,8% a/a, Germania a +0,4% m/m e +2,4% a/a (in accelerazione rispetto al precedente +1,8%).
La reazione dei mercati è stata quella di ritenere il dato Usa come un buon viatico per una ulteriore riduzione dei tassi da parte della Fed, che nelle ultime settimane era diventata più improbabile. In direzione contraria ha agito il dato sulla variazione dell’occupazione non agricola, atteso in calo per i danni degli uragani, ma sorprendentemente in rialzo (+233mila occupati). L’effetto netto è stato quello di arrestare il calo del cambio euro/dollaro che si è riportato oltre 1,08 fino a 1,0870 in chiusura.
Reazione leggermente nervosa anche quello sui mercati dei titoli di Stato, col decennale italiano in risalita al 3,65% e spread intorno a 125 punti, per l’effetto delle dichiarazioni del presidente della Bundesbank Joachim Nagel che ha invitato alla cautela nel processo di riduzione dei tassi.
Nulla di nuovo sotto il sole, l’Europa ha deciso di prendere l’iceberg in pieno.
Gli autori
Fabio Dragoni
Bocconiano. Un passato da manager e piccolo imprenditore. Si è occupato per anni di sanità dopo aver lavorato qualche lustro nel mondo delle banche locali. Dal febbraio 2014 non si dà pace. Lotta e scrive di moneta e libertà. Oggi firma de La Verità, Il Timone e CulturaIdentità. Polemico come molti suoi conterranei. Perché come dice Stanis La Rochelle: “i toscani hanno devastato questo Paese”.
Sergio Giraldo
Classe 1969, laurea in Scienze Politiche a Milano. Attivo da trent’anni nel settore dell'energia, dove ha ricoperto ruoli dirigenziali in diverse aziende, è analista indipendente dei mercati delle commodity, delle politiche europee e del commercio internazionale. Collaboratore assiduo del quotidiano La Verità. Socio di a/simmetrie.
Giuseppe Liturri
Nato a Bari nel 1966. Laurea in Economia Aziendale all'Università Bocconi e trentennale esperienza in finanza e gestione d'impresa. Dal 2018 impegnato in un'intensa attività di divulgazione e commento su temi di economia nazionale e internazionale, con particolare attenzione all'Eurozona. Scrive su La Verità e su Startmag.it